Storie di afghani
“Qualche giorno fa i talebani hanno bussato alla porta dell’appartamento di mia madre e di mia sorella: cercavano me”.
Parla al sicuro da Milano la dottoressa della Fondazione Veronesi che fino a qualche giorno fa viveva e lavorava ad Herat.
È la seconda volta nella sua vita che i talebani la costringono a lasciare tutto e a emigrare dalla sua patria, l’Afghanistan, per salvarsi. La prima fuga l’ha vissuta da bambina, quando i genitori l’hanno portata in salvo in Iraq, insieme ai suoi fratelli.
Lì ha potuto studiare e laurearsi in medicina. Poi, la specializzazione in ginecologia e il ritorno a Herat, sua città natale, l’incontro con la Fondazione Veronesi e la promozione a responsabile del centro per la diagnosi e la prevenzione del cancro al seno.
E’ arrivata qualche giorno fa in Italia su un aereo militare, insieme al marito e ai loro quattro figli, a un fratello e alla sua famiglia, dopo una fuga disperata.
Questa è una delle tante storie che abbiamo imparato a conoscere, storie che mostrano quanto sia tangibile la minaccia talebana. Storie che forse – visti i distinguo su chi accogliere e chi no che certe forze politiche hanno iniziato a fare a livello italiano e europeo – conviene tenere presente.